Il potere di "mutuo acquisto" degli italiani continua a deteriorarsi. Come effetto inesorabile del percorso di strette monetarie avviato dalla Bce lo scorso 27 luglio. Da allora Francoforte ha alzato il costo del denaro all'ingrosso di 303 punti base, che diventeranno 350 dal prossimo marzo quando ormai tutti gli investitori danno per scontata un'altra mossa da 50 punti base. E non sarà l'ultima, come confermano le dichiarazioni delle ultime ore.
Il mercato dei future sconta Euribor 3 mesi al 3,7% a fine dicembre e quindi un tasso di rifinanziamento principale (che oggi viaggia so piriti base più in alto dell'Euribor) a 14,2%. Non sarebbe una soglia casuale perché la stessa Bce ipotizza che l'inflazione core (quella depurata per il costo dei beni energetici e alimentari possa scendere dall'attuale 5,3% al 4,2% entro fine anno.
Per contrastare questa forma di inflazione meno volatile e di conseguenza più appiccicosa il team guidato da Christine Lagarde potrebbe quindi essere costretto a pareggiare i conti tra inflazione core attesa e livello del costo del denaro, in modo da provare a rendere la manovra più incisiva. I mutuatari osservano da vicino questo duello macroeconomico tra banche centrali e inflazione.
Duello dal quale dipendono le proprie scelte che in questo momento si possono sintetizzare nell'amletico dubbio: meglio ripiegare su un tasso fisso già molto più alto che in passato (3,5% su durate a 30 anni e intorno al 4%, per durate più brevi) oppure armarsi di coraggio e agganciarsi proprio ora a un Euribor che probabilmente salirà ancora ma (stando a quanto indicano i contratti futures) dal 2024 potrebbe fermarsi e iniziare lentamente a ridiscendere la china (le previsioni sono per Euribor al 3% a fine 2024 e al 2,6%a fine 2025)?
Di certo chi opta per il fisso si assicura dal rischio che arrivi una seconda ondata di inflazione e che la Bce debba alzare i tassi oltremisura.
Chi opta per il variabile si aggancia al ciclo economico, confidando sul fatto che qualora la Bce dovesse essere costretta a tirare troppo la leva sui tassi potrebbe innescare una dura recessione (hard landing) che, a quel punto e manuali alla mano, dovrebbe portare giù inflazione e, a mota, tassi.
Quello dei mutuatari a tasso variabile (una netta minoranza stando alle ultime rilevazioni di MutuiSupermarket.it secondo cui il 90%, delle ultime richieste sono appannaggio del fisso) è in fin dei conti, traslato nel mondo degli investimenti attivi, lo stesso dubbio che hanno gli investitori se si chiedono se questi livelli siano interessanti per tornare ad acquistare obbligazioni, dopo la violenta caduta (dei prezzi) con conseguente impennata dei rendimenti nell'orribile 2022.
Mutui (a tasso variabile) e obbligazioni (a tasso fisso) si muovono bene in un ambiente di rallentamento economico e disinflazione.
Quel che è certo è questi 300 puntibase messi già in cantiere dalla Bce di danni ne hanno già causati alla domanda aggregata, proprio in termini di potere di"mutuo acquisto". Un debitore che a gennaio 2021, ma anche a gennaio 2022, poteva permettersi (a fronte di un reddito medio mensile di circa 1.750 euro) un rata tra i 500 e i 550 euro riusciva ad accedere a un immobile dal valore di 200mila euro (a fronte di mutuo a 30 anni corrispondente all'80% del valore della casa).
Lo stesso aspirante mutuatario (considerando che i migliori tassi fissi sono lievitati nel frattempo dall'1,17% al 3,5%) ora può permettersi un immobile di 148mila euro. Ergo, il potere di acquistare un immobile è sceso in qualche trimestre del 26%. E il trend, considerato che le strette non sono finite e non si prevede un aumento dei salari corrispondente all'inflazione, è destinato a proseguire almeno fino a fine anno. «Questo dovrebbe impattare a cascata sulle compravendite immobiliari, dove si prevede una contrazione di almeno il 10% nel 2023, con successivo impatto anche sui prezzi degli immobili - spiega Stefano Rossini, ad di MutuiSupermarket.it che ha realizzato i calcoli per Sole 24 Ore-.
Non è quindi da escludersi una metamorfosi della domanda di immobili i richiedenti, di fronte alla verifica di cosa possano oggi acquistare sul mercato in base ai nuovi tassi, potrebbero decidere di comprare casa in zone più periferiche/ secondarie, comprare case più piccole o, non contenti delle possibilità di acquisto, potrebbero semplicemente rinviare la scelta, aspettare condizionipiù favorevoli sul fronte delle prospettive economiche e delle offerte di mercato».
Insomma, i prossimi trimestri non saranno semplici per chi sta valutando di acquistare un immobile a leva finanziaria. Gli anni delle vacche grasse sono alle spalle. Per tornare a dormire sonni tranquilli bisognerà avere la sensazione che la Bce abbia compiuto il suo lavoro su quel male oscuro dell'economia che chiamiamo inflazione.