Con le armi di Ursula i mutui a tasso fisso sono più cari del 10%
di Tobia De Stefano
Dal giorno dell'annuncio del piano "ReArm Europe" dello scorso 4 marzo, che prevede l'immissione sul mercato europeo di circa 1.300 miliardi di euro, il tasso di riferimento per i mutui a tasso fisso (Irs) è aumentato sensibilmente, passando dal 2,48% al 2,80%. Tale incremento è dovuto principalmente ai timori di inflazione legati all'ingente massa di denaro prevista per finanziare la difesa e le infrastrutture, annunciata congiuntamente dalla presidente della Commissione UE Ursula Von der Leyen e dal cancelliere tedesco in pectore Friedrich Merz.
Nel dettaglio, il piano europeo comprende 800 miliardi di euro per la difesa ("ReArm Europe") e ulteriori 500 miliardi destinati alla Germania per lo sviluppo del mercato interno e infrastrutture. Sebbene gli investimenti siano previsti in un arco di tempo diluito, gli analisti hanno subito evidenziato il rischio di un forte effetto inflattivo a breve termine, che potrebbe indurre la Banca Centrale Europea (BCE) a rivedere la propria politica monetaria. Le aspettative sul taglio dei tassi per il 2025 sono già state ridimensionate, passando da tre possibili riduzioni a una sola dello 0,25%.
Come spiega Guido Bertolino, responsabile business development di Mutuisupermarket: «Dal 5 marzo abbiamo registrato una forte crescita dell'indice Irs a 20 anni, che in un paio di giorni è aumentato di oltre 25 punti base. Questo aumento appare strettamente correlato alla politica di riarmo annunciata il 4 marzo. Entrambe queste misure avranno l'effetto di incrementare la domanda interna europea, il Pil e, con alta probabilità, l'inflazione».
Un incremento dell'Irs di circa 30 punti base comporta un significativo aumento dei costi per chi richiede un nuovo mutuo. Su un finanziamento di 200.000 euro con durata ventennale, ad esempio, ciò si traduce in un aumento della rata mensile di circa 30 euro, che implica un incremento complessivo degli interessi pari a circa 7.000 euro.
È tuttavia ancora prematuro trarre conclusioni definitive, dato che le misure di riarmo al momento restano principalmente annunci e la loro reale portata deve essere ancora verificata sul mercato, anche alla luce delle eventuali reazioni commerciali degli USA.
Attualmente, il mercato mutui è caratterizzato da una forte volatilità, simile a quella osservata nel settembre 2022, quando la BCE procedeva con rialzi dei tassi dello 0,75% per volta, superando le aspettative del mercato. Oggi, a differenza di allora, i mercati stanno reagendo a dichiarazioni politiche ancora prive di concretezza, rendendo più complesso prevedere con certezza gli sviluppi futuri.
In questo scenario, si assiste a un potenziale riallineamento tra Euribor (indice di riferimento per i mutui variabili, rimasto stabile negli ultimi mesi) e l'Irs. In effetti, negli ultimi tempi i mutui a tasso variabile risultavano più costosi rispetto ai fissi, situazione anomala poiché normalmente un finanziamento con tasso variabile, più rischioso, dovrebbe presentare costi più elevati.
Per esempio, a Milano, per l'acquisto di una prima casa da 220.000 euro con un mutuo di 140.000 euro in 25 anni, attualmente le migliori offerte per mutui variabili prevedono una rata di circa 680 euro (Taeg del 3,34%) per immobili green e 686 euro (Taeg del 3,50%) per quelli non sostenibili. Al contrario, per i mutui a tasso fisso, Intesa Sanpaolo offre finanziamenti per immobili sostenibili con un Taeg del 2,37% e rata di 610 euro, mentre Crédit Agricole propone mutui per immobili non green con un Taeg del 2,76%, corrispondenti a una rata di circa 631 euro.
In conclusione, oggi la scelta fra fisso e variabile appare obbligata in favore del fisso. Tuttavia, le politiche europee in materia di riarmo rischiano di modificare radicalmente lo scenario, penalizzando soprattutto le famiglie con minori disponibilità economiche.
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